Dopo il Covid-19

Dopo il Covid-19

Cosa succede dopo Covid-19?

Ammalarsi di Covid-19 anche in modo lieve può causare problemi per mesi.

La sindrome che viene chiamata “Post Covid” o “Long Covid” continua a essere sottovalutata nei dibattiti in prima serata, ma colpisce ormai moltissime persone, si pensa fino al 10% di chi è stato contagiato dal coronavirus. Sono persone ufficialmente guarite e negative al tampone che però hanno sintomi persistenti e disturbi che durano da più di tre mesi, principalmente stanchezza, debolezza, fiato corto, eritemi, perdita di memoria, ansia e dolori muscolari, problemi che rendono loro impossibile tornare a stare bene come prima.

L’ultimo studio scientifico in ordine di tempo su questa “sindrome” viene dai ricercatori francesi del Tours University Hospital che hanno seguito 150 pazienti non critici da marzo a giugno. Due terzi hanno riportato sintomi fino a 60 giorni dopo essersi ammalati e più di un terzo si sentiva ancora male o era addirittura in condizioni peggiori rispetto a quando era iniziata l’infezione. La ricerca, pubblicata lunedì 5 ottobre sulla rivista Clinical Microbiology and Infection, si è concentrata su pazienti che avevano avuto una malattia di lieve o moderata entità, proprio perché gli altri studi su questo tema a livello internazionale finora avevano monitorato persone reduci da ricoveri in ospedale (per malattia moderata o seria) o in terapia intensiva. I sintomi descritti erano principalmente: perdita dell’olfatto e del gusto, mancanza di respiro e affaticamento ed erano più probabili in pazienti di età compresa tra i 40 e 60 anni e in chi avesse avuto bisogno di ricovero.

A luglio uno studio dei Centers for Disease Control and Prevention Usa (CDC) aveva mostrato che il 35% dei pazienti Covid-19 non era tornato al consueto stato di salute due o tre settimane dopo il tampone negativo che ne aveva decretato la guarigione. I più colpiti erano persone con malattie croniche, ma quasi 1 su 5 tra giovani adulti di età compresa tra 18 e 34 anni (senza patologie preesistenti) ha riferito di non essere tornato al normale stato di salute (da 14 a 21 giorni dopo il test).

Quale percentuale di ex malati è affetta da sintomi a lungo termine al mondo? Non lo si può sapere con certezza, ma diverse ricerche hanno suggerito che potrebbero essere circa il 10% del totale degli infettati. Anche fosse solo una frazione, con X milioni di positivi al mondo, il bilancio sui sistemi sanitari e per la vita (anche lavorativa) delle persone è enorme.

Gran parte dei miei pazienti che durante la prima ondata del Covid-19 è stata male, mi racconta che i sintomi più frequenti sono sicuramente la mancanza di forze e di fiato.

Alcuni dopo la guarigione, lamentano la perdita di memoria a breve termine: non riescono a concentrarsi, dimenticano dettagli della giornata appena successi e sul lavoro il rendimento non è più lo stesso.

Quasi sempre ci sono cicatrici nei polmoni, ma si è visto che queste non ne pregiudicano il funzionamento.

Le infezioni virali che durano tanto, portano spesso a una diminuzione di prestazioni del sistema nervoso centrale.

Succedeva anche con Ebola, SARS e MERS. Una caratteristica (i sintomi post-infezione) che accomuna quindi altre forme virali: Craig Spencer, direttore del Global Health in Emergency Medicine presso il New York-Presbyterian / Columbia University Medical Center, a settembre ha raccontato di avere avuto problemi analoghi dopo essersi ammalato di Ebola: «Nel 2014 mi sono ammalato di Ebola in Guinea. Ho trascorso 19 giorni in ospedale e alla fine sono sopravvissuto, ma per mesi ho avuto dolori articolari e muscolari. Camminare mi faceva male. I capelli sono caduti a mazzi. Poi qualcosa è migliorato, ma non tutto. A quasi sei anni dalla “guarigione”, continuo ad avere difficoltà a concentrarmi. La mia capacità di ricordare è drasticamente ridotta. Dimentico nomi e dettagli di persone che conoscevo molto, molto bene». Lui stesso scrive che disturbi simili, soprattutto la fatica persistente, la “nebbia nel cervello”, il sentirsi meglio alcuni giorni e peggio altri, più vari problemi cardiaci, respiratori e neurologici, sono conseguenze a lungo termine osservate anche dopo i virus cugini del coronavirus: la sindrome respiratoria acuta grave (SARS) e la sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS).

Nei miei ambulatori ascolto spesso e con piacere le vostre storie e i vostri racconti, soprattutto quelli con un finale positivo… ma non posso certamente guarire le ferite interiori, così come non posso promettere guarigioni fisiche che non mi competono.

Tuttavia riscontro ogni giorno dai vostri stessi feedback, il potervi essere d’aiuto fisico nel post-covid-19.

Le persone guarite da covid-19 complicato da polmonite, sono pazienti sui quali lavoro in maniera molto intensa e attenta il diaframma toracico, l’orifizio toracico superiore, i muscoli scaleni e le fasce del collo.

Lavoro i diaframmi restituendo libertà alla cassa toracica dove l’infezione polmonare ha provocato nel paziente una mancanza di ossigeno, un utilizzo errato della muscolatura e una sorta di soffocamento con difficoltà respiratorie. Lavoro su strutture e tensioni che permettono al paziente di ristabilire la giusta respirazione liberandolo da pressioni che si sono venute a creare a livello toracico addominale.

Lavoro inoltre a livello viscerale per aiutare a smaltire i farmaci assunti e non è di minore importanza un lavoro cranico di riequilibrio generale del sistema.

Una volta l’osteopatia non si conosceva come oggi.

Adesso è stata – per fortuna di tutti – divulgata nel mondo, facendo oltretutto passi da gigante nella ricerca.

Allora se le cicatrici dell’anima restano ben marcate, facciamoci dare un piccolo aiuto concreto per le altre.